Da grande sarò…

Da grande sarò…

Coltiviamo futuro seminando istruzione: campagna crowdfunding per permettere ad Amalia e Grace di frequentare la secondary school.

Leggi le loro storie e aiutale a scrivere un nuovo capitolo

 “Mwalimu Yusufu seduto su una sedia troppo piccola per le sue gambe lunghissime riconta per l’ennesima volta il mazzetto di banconote che per mesi è rimasto custodito nel barattolo. Il gruzzoletto, messo da parte con sacrifici e lavoretti extra, inizialmente era stato destinato all’acquisto di una motocicletta, mezzo utile a concludere una volta per tutte i pellegrinaggi mattutini fino a scuola, evitare le scarpe impolverate e ridurre al minimo l’impatto dirompente degli acquazzoni sui suoi vestiti e sulla sua salute durante la stagione delle piogge.

In un angolo del suo cuore, quello più egoista, vorrebbe seguire il piano originale come per altro ha suggerito, con una punta di stizza nella voce, anche la sua fidanzata Martha ma sa già che a prevalere sarà lo Yusufu generoso e che tutto ciò che ha risparmiato servirà a pagare la scuola di Amalia. Non basterà che per un anno, per gli altri quattro si vedrà.

Ha sempre avuto un debole per quella ragazzina dalla mente pronta, la sua allieva migliore, la più dotata ma per coincidenza anche la più sfortunata. Perdere un genitore è di per sé un evento traumatico, perderli entrambi, a dodici anni è una vera e propria tragedia specie se non hai nessuno e oltre a dover sopportare tutto il dolore devi anche ingegnarti per sopravvivere.

La casetta di Amalia, quattro mura traballanti sulla cima di una collinetta spoglia, con due orbite scure al posto delle finestre non oppone alcuna resistenza al vento e alla pioggia; la bambina ha passato due settimane da sola, tremando di freddo e di paura nelle ore notturne, accogliendo l’alba come una benedizione, soffocando i brontolii dello stomaco in attesa che Babu le porti un po’ di polenta. Babu, il vicino di casa si è incamminato ogni giorno alla stessa ora, sapendo di trovare Amalia ancora con la divisa addosso, un libro sulle ginocchia a fare ciò per cui giù al villaggio è diventata famosa: studiare. Si è consultato con sua moglie, anche lei preoccupata per le sorti di Amalia e alla fine hanno deciso e l’hanno accolta a vivere con loro, non hanno nulla da offrirle se non un tetto e una scodella di cibo caldo, sanno già che non potranno mandarla a scuola ma almeno sarà al sicuro. Anche Babu, nonostante la sua logica elementare, ha capito che Amalia, rimanendo fra i banchi di scuola, potrebbe fare tanta strada, ma sa di essere solo un vecchio senza mezzi né forze e per lei ha già fatto il possibile.”

___________________

Grace si è accovacciata sotto la finestra, ha visto entrare la signora, aveva dei grossi orecchini dorati, profumava di buono ed era seguita a breve distanza da una piccola cameriera che portava per lei una pesante borsa di pelle lucida. La mamma appena l’aveva vista arrivare le aveva ordinato, con un tono che non ammetteva repliche, di andare a prendere dello zucchero a casa della nonna. Grace però voleva ascoltare, aveva capito subito che quella donna poteva essere la soluzione al suo problema più grande. La nonna di solito affettuosa e sorridente si era arrabbiata moltissimo quando aveva saputo di quella signora, l’aveva chiamata usuraia, e aveva pronunciato in fretta quella parola, sconosciuta per Grace, come se non volesse tenersela in bocca un attimo di più, con disprezzo.

Sbirciando dalla finestra vede che la signora prima di sedersi ha steso sulla poltrona un pezzo di stoffa estratto provvidenzialmente dalla borsona, la casa forse per lei è troppo sporca; sente una fitta allo stomaco ricordando sua madre che poco prima aveva cambiato le federe dei cuscini, comprate apposta per apparire un po’ più abbienti, un po’ meno disperati. La mamma arriva dalla cucina con due tazze di te, tenta la strada dei convenevoli ma la signora la interrompe sventolando una manona inanellata per aria. Quanto ti serve? Chiede a bruciapelo. La mamma, ricaccia in gola l’orgoglio e risponde con un filo di voce, la cifra coincide esattamente con la retta scolastica di Grace. L’usuraia inarca il sopracciglio, si liscia la gonna e contemporaneamente si alza dalla poltrona, non si prende nemmeno la briga di recuperare la stoffa. Non riusciresti a restituirmi quella cifra nemmeno fra dieci anni scandisce dalla porta, senza nemmeno voltarsi.

Grace scatta in piedi e inizia a correre, corre fino a casa della nonna, la supera rapidamente e sempre di corsa raggiunge un tratto scosceso che la costringe a rallentare, si lascia quasi scivolare giù e si accuccia sulla riva del fiumiciattolo dove di solito porta ad abbeverarsi le loro tre caprette la domenica. Vorrebbe piangere per l’umiliazione subita dalla mamma, per i soldi che non ci sono, per la scuola che non vedrà il prossimo anno.

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  • Assegno bancario: intestato a Associazione di cooperanti Tulime Onlus

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 “Mwalimu Yusufu seduto su una sedia troppo piccola per le sue gambe lunghissime riconta per l’ennesima volta il mazzetto di banconote che per mesi è rimasto custodito nel barattolo. Il gruzzoletto, messo da parte con sacrifici e lavoretti extra, inizialmente era stato destinato all’acquisto di una motocicletta, mezzo utile a concludere una volta per tutte i pellegrinaggi mattutini fino a scuola, evitare le scarpe impolverate e ridurre al minimo l’impatto dirompente degli acquazzoni sui suoi vestiti e sulla sua salute durante la stagione delle piogge.

In un angolo del suo cuore, quello più egoista, vorrebbe seguire il piano originale come per altro ha suggerito, con una punta di stizza nella voce, anche la sua fidanzata Martha ma sa già che a prevalere sarà lo Yusufu generoso e che tutto ciò che ha risparmiato servirà a pagare la scuola di Amalia. Non basterà che per un anno, per gli altri quattro si vedrà.

Ha sempre avuto un debole per quella ragazzina dalla mente pronta, la sua allieva migliore, la più dotata ma per coincidenza anche la più sfortunata. Perdere un genitore è di per sé un evento traumatico, perderli entrambi, a dodici anni è una vera e propria tragedia specie se non hai nessuno e oltre a dover sopportare tutto il dolore devi anche ingegnarti per sopravvivere.

La casetta di Amalia, quattro mura traballanti sulla cima di una collinetta spoglia, con due orbite scure al posto delle finestre non oppone alcuna resistenza al vento e alla pioggia; la bambina ha passato due settimane da sola, tremando di freddo e di paura nelle ore notturne, accogliendo l’alba come una benedizione, soffocando i brontolii dello stomaco in attesa che Babu le porti un po’ di polenta. Babu, il vicino di casa si è incamminato ogni giorno alla stessa ora, sapendo di trovare Amalia ancora con la divisa addosso, un libro sulle ginocchia a fare ciò per cui giù al villaggio è diventata famosa: studiare. Si è consultato con sua moglie, anche lei preoccupata per le sorti di Amalia e alla fine hanno deciso e l’hanno accolta a vivere con loro, non hanno nulla da offrirle se non un tetto e una scodella di cibo caldo, sanno già che non potranno mandarla a scuola ma almeno sarà al sicuro. Anche Babu, nonostante la sua logica elementare, ha capito che Amalia, rimanendo fra i banchi di scuola, potrebbe fare tanta strada, ma sa di essere solo un vecchio senza mezzi né forze e per lei ha già fatto il possibile.”

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Sbirciando dalla finestra vede che la signora prima di sedersi ha steso sulla poltrona un pezzo di stoffa estratto provvidenzialmente dalla borsona, la casa forse per lei è troppo sporca; sente una fitta allo stomaco ricordando sua madre che poco prima aveva cambiato le federe dei cuscini, comprate apposta per apparire un po’ più abbienti, un po’ meno disperati. La mamma arriva dalla cucina con due tazze di te, tenta la strada dei convenevoli ma la signora la interrompe sventolando una manona inanellata per aria. Quanto ti serve? Chiede a bruciapelo. La mamma, ricaccia in gola l’orgoglio e risponde con un filo di voce, la cifra coincide esattamente con la retta scolastica di Grace. L’usuraia inarca il sopracciglio, si liscia la gonna e contemporaneamente si alza dalla poltrona, non si prende nemmeno la briga di recuperare la stoffa. Non riusciresti a restituirmi quella cifra nemmeno fra dieci anni scandisce dalla porta, senza nemmeno voltarsi.

Grace scatta in piedi e inizia a correre, corre fino a casa della nonna, la supera rapidamente e sempre di corsa raggiunge un tratto scosceso che la costringe a rallentare, si lascia quasi scivolare giù e si accuccia sulla riva del fiumiciattolo dove di solito porta ad abbeverarsi le loro tre caprette la domenica. Vorrebbe piangere per l’umiliazione subita dalla mamma, per i soldi che non ci sono, per la scuola che non vedrà il prossimo anno.

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